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giovedì 17 luglio 2014

Non dire a Renzi quanto è buono lo streaming con l'M5S





Inizia di spalle con nonchalance, come fosse di passaggio, come se non ci fosse nemmeno, ma Matteo Renzi di fronte alle telecamere ci sta e anche bene e sa perfettamente che al tavolo dello streaming nazionale è l'uomo in più, almeno in fatto di numeri. Cinque contro quattro. Per lo schieramento PD, alla sinistra dello schermo partendo dal fondo Alessandra Moretti, il capogruppo alla Camera Roberto Speranza, la vice segretaria Debora Serracchiani, Gianclaudio Bressa e il Presidente del Consiglio Renzi. Di fronte a loro, alla destra di noi spettatori da casa, il Movimento 5 Stelle con il capogruppo al Senato Vito Petrocelli, l’estensore del “Democratellum” Danilo Toninelli , il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio e Paola Carinelli capogruppo alla Camera

Inizia subito Di Maio che ricorda come quello di oggi sia il secondo incontro, dopo la "buca" data dal PD lo scorso 7 luglio. Al centro della riforma
naturalmente cittadini e legalità, preferenze e doppio turno, non si prescinde e quindi parola a Toninelli che elenca i cinque punti sulla riforma dei pentastellati.
Palla alla Serracchiani che sottolinea sorridente che "al tavolo dalla parte del Pd ci sono le persone meno indicate ad avere paura delle preferenze visti i risultati elettorali" ma soprattutto la presidente del Friuli Venezia Giulia ricorda che trattasi di "un incontro opportuno ma che ci sono dei punti da chiarire" sempre in nome della stabilità e della governabilità, ricordando poi che "solo in Polonia sono rimaste le preferenze" tanto amate dal Movimento. 

Il clima si surriscalda con battutine e sorrisi pestiferi, ma neanche tanto. Allora interviene la Moretti che rivolgendosi a Di Maio punzecchia con un:"ora mica potete pretendere di sconvolgere un lavoro già fatto?!". E il tavolo si trasforma subito in simpatici contro antipatici. Di Maio non ci sta, è proprio fissato, vuole dire a tutti i costi la sua e a questo punto vuole sapere dal PD cosa voglia veramente. Allora Renzi entra a gambatesa ma sempre da moderato, educatamente ribadisce:"non è che quando si fanno le leggi, giustamente arriva uno e dice decido tutto io...". Strano, sembra il contrario, si va verso un gruppo che decide per tutti, sempre per questa presunta stabilità, ma almeno ci dovrebbero garantire che qualora fallissero e soprattutto che chiunque continui a trascinare l'Italia ancora più in giù se ne vada a casa una volta per tutte.

Ma al tavolo intanto partono altre citazioni e disquisizioni sul vecchio Porcellum, sul Democratellum, poi il Mattarellum, l'Italicum, candidature plurime, manca il modulo 5-5-5, e allora al tavolo cerchi Oronzo Canà che stranamente non c'è. Di Maio incorreggibile insiste su di una legge elettorale che inoltre garantisca "un Parlamento pulito" ma Renzi incalza mettendo in dubbio la correttezza e l'affidabilità dei pentastellati che definiscono il Pd come la "P2 o Democrazia autoritaria". Di Maio da fuoriclasse, ma in questo caso quasi a mani basse e forse a porta vuota, allora fa un golletto con un sonoro "Presidente stia sereno", Renzi sorride ma non ci sta.

Il dibattito continua e ti accorgi che i vari "premio alla lista e/o alla coalizione, proporzionale o maggioritario, si governa al 52%, soglia di sbarramento" e tutto il resto sono l'ultimo dei problemi a un tavolo dove si parlano evidentemente due lingue ben diverse. Magari ancora una volta, tra qualche tempo, spunterà una soave Sereni che ci dirà che il Pd non ha mai avuto alcuna intenzione di fare una legge elettorale e tanto meno una riforma costituzionale con il Movimento 5 Stelle, come fece la stessa a Porta a Porta da Vespa sulla questione "GOVERNO PD-M5S" . Intanto oggi più di prima c'è un Paese del Palazzo e uno della strada. E ora nel Paese della strada si sta sempre più scomodi. 
























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