stilo con stile

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venerdì 29 agosto 2014

La malattia non va in vacanza. Una storia come tante.

"Ho trovato mio marito con le gambe ciondolanti dal letto e con il pappagallo accanto, senza spondina, tutto sporco di urina e con lo schienle tirato su, quasi seduto".
A raccontarlo è Chiara una cara amica di famiglia. Tutto questo accade in un ospedale di Roma, nella Capitale non in un paesino sperduto della famigerata Calabria disastrata in fatto di sanità, tutto accade in uno dei più grandi nosocomi del nostro Bel Paese. E' il 25 agosto, un giorno di fine estate, e al S.Andrea nel reparto di 'medicina d'urgenza' il personale è sotto organico, gli infermieri rincorrono le chiamate dei pazienti, fanno quello che possono ma sono solo due in un reparto di 30 pazienti che lottano per sopravvivere. Persone, sì, persone prima che pazienti, persone che domani potremmo essere noi, uomini e donne che lottano tra la vita e la morte o che purtroppo spesso combattono insieme alle loro famiglie per andarsene nel migliore dei modi. 
Uomini e donne che vivono per soffrire il meno possibile. Dario ha il cancro alle ossa, Dario è uno dei tanti, ne' il primo ne' l'ultimo a lottare contro il male del secolo ma e' l'ennesimo motivo, in questo caso anche per un legame affettivo, per raccontare e denunciare lo strazio della malattia ancora una volta brutalizzata dalle condizioni in cui si trovano molti dei nostri ospedali pubblici. E questo non significa "sparare sulla Croce Rossa" e tanto meno generalizzare, perché purtroppo come Chiara e Dario, ognuno di noi potrebbe raccontare la sua esperienza alle prese con la roulette russa dei nostri ospedali, dove nonostante la professionalità di molti medici e infermieri cavarsela è ancora una questione di fortuna. Soprattutto se i fondi per la sanità pubblica non ci sono, altro che welfare. E come se non bastasse in questi giorni il ministro Lorenzin ha dichiarato apertamente che altri tagli metterebbero praticamente in ginocchio la sanita' italiana.

Intanto Dario, Chiara, il figlio Manlio insieme alla famiglia e agli amici più cari combattono la malattia con sofferenza e tanto coraggio, conducono una lotta impari contro un avversario duro e spesso invincibile ma tutto questo non basta. Hanno diritto per questo al calore e all'efficienza di servizi che invece sembrano latitare e non devono accontentarsi e sperare nella buona volontà di singoli professionisti che rincorrono la vita per un apprezzabile senso etico. "Domani potrebbe toccare a me". Solo questa consapevolezza puo' aiutarci a non smuovere esclusivamente le nostre coscienze per pochi attimi ma a far riattivare quel senso civico e quell' impegno comune che stiamo perdendo, uniche ancore di salvezza che possono restituirci umanità e un vero progresso che parta dal basso con una POLITICA finalmente al servizio della vecchia e dimenticata "res publica", del prossimo.
Banalita'?! Speranze?! Illusioni?! Io la chiamo vita vissuta e la racconto per un doveroso senso di giustizia e uguaglianza.

Nell'attesa di eventuali sviluppi, i nomi dei protagonisti di questa storia vera sono di pura fantasia nel rispetto della loro volontà di rimanere nel piu' assoluto anonimato e nel pieno rispetto di questo momento innegabilmente difficile.

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